Non dimentichiamo le donne

Contributo di Marialuisa Parodi, La Regione, 4 gennaio 2021

Il Gran Consiglio tornerà ad esprimersi sul congedo parentale di due settimane a fine gennaio. Su La Regione del 4 gennaio 2021 un contributo sui motivi che rendono il congedo parentale un’urgenza più economica che sociale, nel rilancio post-pandemia.

“L’articolo di Simona Caratti “Il precariato avanza, raddoppiati gli aiuti“ del 2 gennaio scorso non può che evocare la triste evidenza del lavoro femminile: tra settembre 2019 e settembre 2020 si sono persi oltre 3’700 impieghi in Ticino, a fronte di una sostanziale stabilità di quelli maschili. Il rischio che questo potenziale umano ed economico sia perduto per sempre è concreto: anche i lavoratori hanno sofferto nel 2020, è indubbio; ma se la fine della prima ondata pandemica ha visto un recupero del lavoro per gli uomini, la tregua estiva non ha portato alcun giovamento alle lavoratrici, anzi. Purtroppo, le donne hanno dovuto confrontarsi non solo con il lavoro ridotto e i licenziamenti; moltissime hanno dovuto rinunciare o si sono dimesse a causa delle accresciute esigenze di cura della famiglia indotte dalla crisi sanitaria. Oltre agli impieghi persi nei settori più colpiti, come quello del commercio al dettaglio, della ristorazione e dell’accoglienza turistica, è saltato il lavoro domestico e su chiamata, per non parlare delle micro attività indipendenti, come descrive bene l’articolo. Questi sono tutti spazi tradizionalmente occupati a tempo parziale dalle donne, spazi di lavoro retribuito ritagliati dopo aver fatto fronte gratuitamente agli impegni di cura. L’effetto della seconda ondata sarà ancora più traumatico e le penose conseguenze sono già sotto gli occhi di tutti, fino agli estremi descritti. Bisogna prendere consapevolezza del fatto che, per quanto minimo e agito in condizioni contrattuali fragilissime, lo stipendio delle donne ha smesso da tempo di essere un accessorio al reddito delle famiglie ticinesi; anzi, sempre più frequentemente è proprio l’unico, come dimostra la crescita esponenziale di famiglie monoparentali condotte da madri. Ma della dimensione finanziaria del lavoro femminile non sembra esservi piena coscienza politica ed economica e, nonostante non siano mancati i campanelli d’allarme, non si è posta specifica attenzione su interventi in grado di arginare il collasso. E’ possibile che il pregiudizio culturale stia giocando un ruolo?Il recente dibattito parlamentare sul congedo parentale ha messo in luce che una buona parte della politica lo ritiene ancora un lusso e non un’urgenza resa più economica che sociale dalla crisi post-pandemica, né tantomeno una concreta possibilità di tamponare un’ emorragia insostenibile di impieghi. E questo, nonostante il lavoro femminile, e con esso le finanze famigliari e l’economia del Cantone, siano oggettivamente sacrificati e depotenziati dalla mortificante assenza di strumenti di conciliabilità lavoro-famiglia degni del ventunesimo secolo.Il Gran Consiglio si è spaccato e tornerà al voto a fine gennaio. Per una decisione lungimirante, sarebbe importante riflettere sulla relazione tra il danno inflitto al lavoro femminile e l’impatto strutturale sul PIL e le sue conseguenze: spreco di potenziale umano, minori opportunità per bambini e giovani, povertà, denatalità e sfiducia nel futuro.”