Le donne al centro

Articolo apparso su “Azione – Settimanale d’informazione e cultura della cooperativa Migros Ticino”

/ 04.05.2020 
di Natascha Fioretti

Da qualche settimana è uscito per la prima volta in italiano per add editore L’Atlante delle donne, un’aggiornata e accurata analisi, la cui prima edizione risale al 1986, di come vivono le donne nel mondo. L’autrice Joni Seager, docente di Global Studies alla Bentley University, geografa femminista ed esperta di politica globale, ha svolto un meticoloso lavoro di ricerca raccontando il mondo femminile in tutti i suoi aspetti: parità, maternità, femminismo, cultura della bellezza, lavoro femminile, donne nell’economia globale, ambienti domestici in trasformazione, violenza domestica, diritti, donne al potere. Il risultato è una rimappatura femminista del mondo, attraverso una lente che permetta di guardare per davvero il modo in cui le donne vivono. È uno strumento che finalmente dà alle donne la stessa attenzione, curiosità e analisi che normalmente sono riservate alle vite degli uomini. Come ci ricorda anche il titolo di un film, noi donne non solo rivendichiamo il diritto di contare ma anche l’importanza di contare, di essere visibili nelle statistiche di genere, altrimenti i fenomeni e le peculiarità che ci riguardano non vengono mappati e letti nel loro impatto, a cominciare dal Covid-19.

Sulla scia di quanto sta succedendo negli altri paesi, vedi la squadra di esperte (Donne per un nuovo Rinascimento) voluta in Italia dalla ministra della famiglia e delle pari opportunità Elena Bonetti e in seguito alle dichiarazioni del presidente del Consiglio di Stato Christian Vitta, secondo cui il Governo si è già mosso per istituire un gruppo di lavoro per mettere a punto un programma di rilancio, FAFTPlus (Federazione delle Associazioni Femminili Ticino) ha messo in campo l’iniziativa #ripartiredalledonne con un appello al governo ticinese di includere le competenze femminili al tavolo e nei gruppi di lavoro per il post Covid-19.Tra le richieste tutte parimenti importanti e interconnesse tra loro – una presenza femminile qualificata nei luoghi della ricostruzione, la chiusura dei gap di genere come obiettivo strategico nei processi di elaborazione degli interventi, la visibilità delle competenze femminili e il ruolo delle donne nel processo di ricostruzione nei media, nello spazio pubblico e politico – vi è proprio quella di produrre statistiche di genere per orientare i piani di intervento post crisi, anche in ragione dei diversi effetti della pandemia sulle diverse fasce della popolazione. 

Marialuisa Parodi, presidente di FaftPlus e economista, è molto chiara su questo punto: «per quanto riguarda il mercato del lavoro mancano in Ticino delle statistiche abbastanza profonde che possano dar conto delle differenze tra uomini e donne. I dati ci sono, si tratta di elaborarli e strutturali con questo obiettivo. Solo su questa base ci si può rendere conto della situazione e avere un’idea chiara di dove, come e quando intervenire nel momento in cui si prevedono delle spese, delle iniziative e degli interventi sociali e economici». Secondo il World Economic Forum e l’Organizzazione delle Nazioni Unite ecco perché le donne saranno più colpite degli uomini nella fase post Covid-19: rappresentano la maggioranza del personale di salute e di cura, con la chiusura delle scuole si sono fatte carico della cura dei bambini, più degli uomini si sono prese cura dei famigliari colpiti dal virus, e nei mesi a seguire saranno più colpite degli uomini nella perdita di posti di lavoro. «Si sono già visti i dati del lavoro americano e anche da noi le donne saranno le prime a essere colpite: lavorano più frequentemente su chiamata, a tempo parziale e popolano i settori più colpiti dal lockdown e con meno possibilità di lavorare da remoto (pensiamo a vendita e ristorazione); molte hanno dovuto lasciare il lavoro per occuparsi della famiglia. Tutto questo avrà un effetto devastante sul lavoro femminile, sulla vita delle donne e delle famiglie. Quindi nel considerare che tipo di aiuto e di sostegno assicurare, occorre aver ben presente che le diverse fasce della popolazione saranno impattate in modo differente».

Lo ha detto anche il segretario generale delle Nazioni Unite: «Mettete le donne e le ragazze al centro degli sforzi per riprenderci dal Covid-19». D’altra parte come ha scritto Avivah Wittenberg-Cox, esperta canadese di leadership e gender balance, le donne al potere stanno ampiamente dimostrando un’attenta ed efficace gestione dell’emergenza sanitaria con un minor numero di decessi. Tutte si sono contraddistinte per un’efficace e chiara strategia di comunicazione. Angela Merkel dal principio si è dimostrata calma ma incisiva nel dire la verità «è una cosa seria, prendetela sul serio». Tsai Ing-wen, Presidente di Taiwan e Jacinda Ardern, prima ministra neozelandese, si sono distinte per essere subito intervenute con risolutezza e capacità decisionale ordinando il lockdown.

In Islanda la prima ministra Katrín Jakobsdóttir ha reso disponibili e gratuiti i test a tutti i suoi concittadini mentre Sanna Marin, prima ministra finlandese, si è avvalsa degli influencer e dei social media come diffusori virtuosi di informazioni basate sui fatti e verificate. Erna Solberg, prima ministra norvegese, ha invece usato la televisione per rivolgersi direttamente ai bambini del suo Paese e ha tenuto una conferenza stampa dedicata esclusivamente a loro. A quale uomo verrebbe mai in mente?

Torniamo al Ticino. Cosa si aspetta dunque FAFTPlus da questo appello, quale effetto vuole sortire? «Siamo sicure che il governo comprenderà le ragioni profonde delle richieste e ci aspettiamo che dia segnali importanti. Un’idea ad esempio sarebbe quella di chiedere agli enti, alle associazioni o alle parti sociali convocate di delegare profili femminili, una richiesta attiva a cui il governo potrebbe dar seguito immediatamente. L’altra azione concreta e urgente sarebbe dotarsi di statistiche disaggregate per genere, in modo da valutare con efficacia il diverso impatto economico della pandemia su uomini e donne». Sarebbe anche auspicabile una task force specifica nell’ottica di valutare gli interventi in chiave di genere? «Sarebbe un passo davvero all’avanguardia e nemmeno così difficile da immaginare. Le competenze in materia di bilancio di genere (l’analisi del differente impatto delle politiche economiche e sociali) sono presenti sul territorio e parzialmente già attivate dal Cantone nel recente passato. Si tratta di potenziare il raggio d’azione, le esperte in grado di assumere questa responsabilità sicuramente non mancano».

Non includere le donne nella strategia politica per questa importante e difficile ripartenza, significherebbe non aver imparato la lezione di questa crisi e continuare a sprecare l’enorme potenziale umano ed economico delle donne. Speriamo che sia la volta buona.