Donne al centro degli sforzi per la ripresa

RSI, Rete Due, Plusvalore, 16.04.2020

Come previsto, l’impatto della pandemia sul lavoro femminile è già visibile, in tutta la sua virulenza, nei Paesi che pubblicano statistiche del mercato del lavoro disaggregate per genere.

Purtroppo, da noi non sono disponibili.

Negli Stati Uniti, i sondaggi di metà marzo, prima dell’inizio del lockdown, già mostravano una perdita di posti di lavoro di oltre settecentomila unità nel settore non agricolo. Il 60% delle persone che hanno perso il lavoro è di sesso femminile.

I motivi sono chiari e prevedibili: le donne lavorano più frequentemente a ore o su chiamata, in settori particolarmente colpiti, come vendita, cura personale, servizi amministrativi, turismo. In alcuni ambiti, al licenziamento delle donne si è contrapposta l’assunzione di uomini: probabile che le donne abbiano optato per il lavoro non retribuito per occuparsi della famiglia, oppure abbiano subito la contrazione delle attività non assicurabili da remoto, ad alto contenuto tecnologico, in cui non sono altrettanto presenti degli uomini.

Settecentomila unità: un numero inatteso e platealmente sottostimato dagli analisti finanziari (il che la dice lunga sul ritardo con cui si è preso coscienza che il cosiddetto “virus straniero” non avrebbe impattato solo Cina ed Europa); ma ancora nulla di fronte alla valanga di domande di sussidio di disoccupazione delle settimane successive; domande reali, non frutto di sondaggi, da parte di oltre 10 milioni di persone.

Che potrebbero diventare 27, 47 o 67 milioni, secondo vari scenari illustrati sul sito della Federal Reserve di St. Louis, frutto di ipotesi sul futuro della forza lavoro dei settori più colpiti dal lockdown; tutti, disgraziatamente, molto popolati da donne.

Affinché le domande di sussidio e i licenziamenti temporanei non si trasformino in disoccupati di lungo corso, negli USA come in Svizzera, la durata della chiusura e la sopravvivenza di aziende in grado di riassumere sono determinanti. Ciò che si decide in queste settimane, qualità e quantità degli stimoli fiscali e loro trasmissione all’economia reale, avrà effetti di breve, medio e lungo termine.

Tornando all’esempio americano, JPMorgan prevede per gli USA una contrazione del PIL del 40% nel 2° trimestre, seguito da un rilancio nel 3° e 4°, e una riduzione complessiva del 7% su tutto il 2020, peggio di quanto annunciato dal FMI; e mette in conto una perdita permanente di output negli anni a venire del 5% annuo, nonostante l’enorme sforzo fiscale e monetario stanziato.

Insomma, il cosiddetto bazooka rischia nuovamente di sparare a salve.

Il fatto è che questa crisi è peculiare e ne vanno affrontate le peculiarità, prima fra tutte il danno irreversibile a cui oltre metà della popolazione sarà esposta se non si interviene per risolvere la fragilità strutturale del lavoro femminile.

Le voci internazionali autorevoli in questa direzione si stanno moltiplicando; purtroppo, le recenti decisioni del Consiglio Federale testimoniano che siamo ancora ben lungi dall’aver centrato il problema.

di Marialuisa Parodi, presidente FAFTPlus

Ascolta il Plusvalore

Testo integrale .pdf