Consiglio direttivo del LAC: una faccenda solo maschile

Comunicato stampa del 05.10.2017 e rassegna stampa

Negli scorsi giorni il Consiglio direttivo del LAC ha nominato ulteriori tre membri che si aggiungono ai cinque già designati. Superando il numero minimo di sette membri, l’ente autonomo del centro culturale luganese può iniziare a operare. Peccato che su otto membri con profili e background diversi non ci sia neppure una donna, per di più in un ambito dove le professioniste non mancano. Ma questo fatto non sembra inquietare nessuno, né i politici, né i mass media. FAFTPlus trova invece questo aspetto sconcertante ed esprime tutta la sua indignazione.

La leggenda racconta che è difficile trovare profili femminili per posizioni dirigenziali e apicali in campo tecnologico e scientifico, ma non pensavamo che questa storiella potesse essere adoperata anche in ambito culturale, dove le donne con curriculum ed esperienza d’eccellenza abbondano, sia nella Svizzera italiana, sia oltre Gottardo. Se poi si voleva il “respiro europeo”, come è stato scritto, la scelta sarebbe diventata imbarazzante sia dal punto di vista quantitativo, sia da quello qualitativo.

Ma quello che è sconcertante è che nessuno abbia sollevato la questione, né i politici, né gli osservatori politici. La nomina del consiglio direttivo del LAC, lo sappiamo, non è stata cosa facile, ma per riprendere l’incipit dell’articolo apparso sul Corriere del Ticino di oggi “dopo due anni di discussioni, quattro sedute di Consiglio comunale, due ricorsi, una decisione del Governo, tre riunioni interpartitiche” ci lascia di stucco che nessuno abbia pensato all’opportunità e anche all’utilità di una rappresentanza femminile in questo ente che decide l’azione di un centro con grandi ambizioni nel panorama culturale nazionale internazionale. Non è solo una questione di rispetto della rappresentanza di genere, ma è anche una questione di sostanza in un campo come quello culturale dove la diversità, declinata nelle sue mille forme e dunque anche quella di genere, è fonte di ricchezza ed è un antidoto contro l’omologazione.

Il tutto diventa ancora più assurdo quando si è potuto leggere che si è voluto “completare il Consiglio assorbendo un ventaglio di competenze variegato”.
Noi ci chiediamo: in questo “ventaglio di competenze variegato” non era possibile trovare dei profili femminili? Chi ha deciso? Perché nessuno trova scandaloso designare un consiglio direttivo solo maschile quando la discussione sulla presenza delle donne nei CdA è un tema ricorrente? Perché nessuno pensa che sia antistorico, nel 2017, con molte professioniste formate e qualificate, proporre un consiglio direttivo senza donne? Ma soprattutto perché nessuno pensa che sia una grande perdita e una clamorosa opportunità mancata privarsi delle donne in un consesso decisionale? Non perché le donne siano per forza migliori, ma perché sono diverse, spesso portano un altro sguardo sulle cose, il loro ragionamento a volte parte da un altro punto o arriva ad altre conclusioni, le loro argomentazioni magari possono far scaturire altre soluzioni. Non è detto che capiti sempre, ma capita. E tutti noi sappiamo che una buona decisione è quella che scaturisce da più teste e da più cuori. Perché privarsene?
Molte domande, qualcuno ci sa dare delle risposte?

 

Rassegna stampa del 05.10.2017:

La Regione

ticinonews.ch

 

Rassegna stampa del 06.10.2017:

Giornale del Popolo

 

LaRegione 06.10.2017

061017_13_Lugano_1