Ripartire dal parto

Verena Schmid, ostetrica premiata e di fama internazionale, scrive che «la donna moderna si vive a pezzi, o l’uno o l’altro emerge in base alle circostanze specifiche della vita individuale, ma l’integrità, la visione d’insieme è smarrita. Spesso la donna di oggi si vive potente socialmente e impotente di fronte alla maternità».

Nell’ultimo secolo l’esperienza del parto è mutata in profondità. La nascita è entrata nell’ambito della medicina, allontanandosi dalla fisiologia e dalla sfera di competenza femminile. Nell’attuale società il parto, privato della sua dimensione simbolica, affettiva, spirituale, è descritto e gestito come un evento sanitario. I progressi medici hanno permesso di salvare delle vite umane e di proteggere le donne e i bambini dagli imprevisti della natura, ma hanno generato nuovi rischi. Da un lato, la presa a carico è basata sulla rigida separazione gerarchica tra corpo e mente, tra bisogni fisici e psichici. Dall’altro, il modello medico della nascita incoraggia la delega agli esperti, la partoriente è sottoposta a dei protocolli, le sue risorse personali e il suo ruolo attivo sono inibiti. Molte donne hanno una visione astratta o parziale dei processi e dei cambiamenti che intervengono nella nascita e sono impreparate di fronte alla complessità dell’evento. Le visite e gli esami prenatali forniscono dati, ma non favoriscono la conoscenza di sé che aiuta le partorienti a dotarsi dei sostegni adeguati. In questo contesto, l’assistenza medica può assumere la forma della tutela e generare vissuti di alienazione o violenza che hanno ricadute sul benessere e sull’autostima femminile. Secondo un dato recente, in Svizzera circa una donna su tre ha un ricordo traumatico del proprio parto. A livello internazionale, l’impatto della presa a carico è stato portato all’attenzione pubblica da alcune campagne e associazioni femminili. Il rispetto nel parto è stato inserito tra i diritti umani fondamentali e sulla questione si sono espressi organismi come l’OMS, l’ONU e il Consiglio d’Europa, denunciando in particolare l’eccesso di medicalizzazione e le procedure senza consenso libero e informato, ma in molti casi le modalità dell’assistenza non vengono messe in discussione. I movimenti femministi dal canto loro sembrano avere difficoltà a sviluppare una riflessione sul parto, come se avessero paura della differenza naturale su cui la società patriarcale ha costruito la superiorità maschile. 

Come ogni evento critico, anche la pandemia da Coronavirus ha una sua ambivalenza: da un lato i suoi effetti distruttivi, dall’altro l’opportunità di cambiamento. Da più parti è avvertita l’esigenza di una società inclusiva, nella quale il punto di vista e i bisogni delle donne siano rappresentati in modo adeguato. In questo contesto, una ripartenza “rosa” non può ignorare la riflessione sull’esperienza femminile per eccellenza, allo scopo di introdurre anche nel parto quella prospettiva di genere che si sta affermando in altri ambiti della medicina e della società. A nostro avviso questa riflessione deve partire dal basso, coinvolgendo le singole donne, le associazioni femminili e i movimenti femministi in un dialogo costruttivo con le autorità politiche e l’istituzione medica. Un obiettivo fondamentale è rendere accessibili e attrattive le alternative sicure e scientificamente provate al parto medicalizzato. 

Fonti scientifiche autorevoli promuovono un modello di sicurezza nel parto basato sia sulla capacità d’intervento medico nei casi ad alto rischio, sia sul rispetto dei bisogni fisiologici e individuali delle donne. Nelle nascite a basso rischio l’assistenza continua da parte di una levatrice qualificata è il modello che soddisfa la necessità di un approccio globale alla nascita, comprensivo dei suoi aspetti istintuali, esperienziali, femminili. Grazie all’arte della maieutica, la levatrice accompagna il parto senza sostituirsi alla donna, ma aiutandola ad attivare le proprie risorse e capacità. La midwifery specializzata è associata a un uso più efficiente delle risorse e a migliori esiti di salute – meno epidurali, episiotomie, cesarei e parti strumentali. Il bisogno di partorire in modo spontaneo, in un ambiente intimo e familiare, nel rispetto della propria autonomia e dei propri ritmi fisiologici e interiori, si inserisce in una prospettiva ecologica molto attuale e nella tendenza alla demedicalizzazione tipica della smarter medicine.Secondo l’OMS le singole donne hanno preferenze diverse, ma la maggioranza delle partorienti ha bisogno di mantenere il controllo sulla propria esperienza anche quando il parto è medicalizzato. Per le nascite ad alto rischio, diversi studi incoraggiano le pratiche che promuovono la relazione, i processi narrativi e la responsabilità individuale in un’ottica di empowerment. Gli atti medici sono vissuti positivamente quando non sono subiti in modo passivo. In particolare, i modelli relationship-centred, basati sulla centralità della persona con i suoi bisogni e valori e sull’efficacia terapeutica della relazione, sono associati a minori parti pretermine, un peso maggiore del neonato alla nascita e una maggior soddisfazione materna. 

Concretamente, per una ripartenza “rosa” in ostetricia auspichiamo:

  • il coinvolgimento delle associazioni femminili professionali o impegnate a sostegno del parto nella pianificazione ospedaliera in ostetricia; 
  • la realizzazione di servizi di ostetricia conformi ai modelli sperimentati in altri ospedali svizzeri – reparti per il parto fisiologico gestiti dalle levatrici secondo la certificazione FSL, ripristino della figura della levatrice aggiunta; 
  • il sostegno alla scelta libera e informata sul modo e sul luogo del parto, compresi il domicilio e la casa nascita, per le gravidanze a basso rischio;
  • la concentrazione dei casi ad alto rischio in un’unica maternità specializzata e l’adozione di modelli basati sia sull’eccellenza tecnica, sia sulla cura della relazione e sulla partecipazione alle decisioni.  

Un’esperienza di parto positiva apporta benefici alle donne, al legame materno e alla società, nella quale le nuove madri faranno ritorno con rinnovata autostima, creatività e intraprendenza.  

Isabella Pelizzari Villa, Associazione Nascere Bene Ticino (ANBT)