La cura. Fragile e indispensabile come il lavoro delle donne.

RSI, Rete Due, Plusvalore, 19.03.2020

Mentre ci domandiamo dove ci porterà l’emergenza che stiamo vivendo, un ulteriore motivo di apprensione riguarda il destino delle condizioni di lavoro di chi sta già pagando il prezzo più alto senza avere (né mai avere avuto) voce in capitolo nelle decisioni politiche ed economiche: le donne.

Sono loro al fronte delle professioni sanitarie e di cura: a livello globale, rappresentano il 70% della forza lavoro, ma occupano solo un quarto delle posizioni di leadership e sono pagate il 28% in media in meno dei colleghi uomini, come rilevano OMS e ONU. Condizioni non più accettabili, davanti al rischio e alla fatica a cui sono esposte e a come si stanno prodigando per l’umanità intera.

In tutto il mondo, allo scoppio dell’epidemia, le prime a congedarsi dal lavoro retribuito per prendersi cura della famiglia, senza se e senza ma, sono state le donne. Dall’estetista che lavora in proprio alla CEO della grande azienda, abbiamo tutte risposto immediatamente alla necessità di prendere a carico i familiari, soprattutto dopo che le scuole hanno dovuto chiudere i battenti, gli ospedali smettere di accogliere i contagiati non gravi, gli anziani richiedere aiuto nella quotidianità per non esporsi al pericoloso contagio.

E che ne sarà della costellazione infinita del lavoro femminile a chiamata? Le commesse, le parrucchiere, le operaie; ma anche le collaboratrici domestiche, le baby sitter, le badanti, cioè tutto quel ventaglio di lavori poco riconosciuti e mal pagati che Repubblica ha definito “lo zoccolo duro del welfare italiano”, ma poteva benissimo dire mondiale. Non c’è traccia, nelle misure che gli Stati stanno stanziando, di sostegno alle occupazioni che le donne si sono inventate a corollario del lavoro gratuito svolto fra le mura domestiche; che secondo McKinsey, ricordiamocelo bene, vale 10 trilioni di dollari, il 13% del PIL globale.

Come se non bastasse, al peggio si aggiunge il peggio della violenza domestica, letteralmente esplosa da quando le famiglie hanno dovuto adattarsi alla reclusione forzata. L’allarme, partito dalla Cina, si è propagato in Italia alla stessa velocità del virus; sarà meglio stare attenti che non succeda anche da noi, non è proprio il caso di replicare l’aria di sufficienza con cui abbiamo osservato i paesi vicini combattere con l’epidemia, prima di decidere di darci la famosa mossa.

E’ il momento della cura e i nodi di tante scelte scellerate verranno al pettine, perchè qualcosa di buono questa pandemia dovrà ben lasciarcela.

Possiamo cominciare col renderci conto che nei paesi dove le donne hanno ruolo in Governo, la spesa sociale per famiglie, ambiente, scuola e sanità è strutturalmente più elevata e messa al riparo anche dalle contingenze negative di bilancio.

Consiglio di guardare su YouTube il video con sottotitoli in italiano della Premier norvegese che spiega il coronavirus ai bambini e risponde alle loro domande. Una governante preziosa, che trova il tempo per la collettività e per i più emotivamente fragili, nonostante il suo Paese non si trovi di fronte solo alla crisi sanitaria, come tutti, ma anche al pesante impatto economico della guerra sul prezzo del petrolio innescata dal regime Saudita, proprio adesso.

Sul futuro che vogliamo e sulle enormi differenze di visione che la politica può avere di sé, del mondo e delle donne, dobbiamo seriamente cominciare a riflettere.

di Marialuisa Parodi, presidente FAFTPlus

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