In silenzio

il diario di Silvia Marcellini

Dirò una cosa che a qualcuno farà storcere il naso…ma a me “questa cosa”, in parte, non dispiace.

L’altro giorno, ad esempio, … suonano alla porta. 

Io ero lì, avevo spostato il divanetto di vimini, proprio davanti alla finestra, c’era il caldo giusto, il sole giusto. E io, mio figlio e il gatto, si poltriva beati, giocando a scacchi. Fuori, sul balcone, una brezza leggera muoveva lievemente i ciuffi delle carote che spuntavano dal micro-orto allestito dentro alla vecchia cassapanca e il silenzio era denso. Un pomeriggio lento, come quando ero bambina e l’estate si passava a raccogliere trifogli per poi pestarli in una poltiglia da dare alle bambole. 


A me piace il silenzio.
A me piace la solitudine. 

O meglio, se proprio bisogna parlare che per lo meno serva a qualcosa. 

Se no si può stare anche zitti.

Ma in un mondo in cui conta solo quanti “followers” hai, il silenzio è diventato un lusso che in pochi si possono permettere…


E poi dopo che si parla, solo a me viene la nausea? Solo a me si secca la gola?

Cominci a pensare che quella cosa l’hai già detta o l’hai già sentita o che semplicemente non te ne importa niente, neanche di dirla, e ti distrai, guardi l’orologio, speri di trovare una scusa per andartene.


E la musica?

Troppa musica, troppe sigle, troppi jingles, troppo rumore. Ovunque, a casa, in auto, al ristorante, al bar, al karaoke, alla spa…mai un minuto di tregua, mai un attimo di sollievo.


Poi quel pomeriggio, così beato e sul più bello, quel fastidioso richiamo all’attenzione. E io che mi sorprendo a pensare: “Oh no, di già? Già si ricomincia, si esce, ci si incontra, si parla, si ascolta musica, rumore, ci si riempie le giornate di cose da fare, interminabili, inutili, infinite. Si fanno cose, si vede gente, si torna a casa, si dorme e si riparte…si sprecano parole, si torna a prendere il bambino a calcio, in piscina e dall’amichetto, si rincorre il prete per la comunione e ci si accorda tra mamme per il lavoretto della maestra, si organizzano viaggi, si fanno valigie, si disfano valigie e ci si vanta del clima e della tintarella, si accampano scuse ” non ho avuto tempo”, “non l’ho visto”, “non stavo bene”, si stabilisce con chi passare ferragosto e come festeggiare il compleanno e si trascorrono pomeriggi a scegliere regali che non servono a nessuno e poi…il lavoro e le tasse e i soldi, che non bastano mai e ora c’è anche la crisi…e…e…”

In silenzio, scivolo più in basso tra i cuscini del divano, mi accoccolo e accarezzo il gatto, che se la dorme pacifico, incurante di come va il mondo.

“Ma mamma non andiamo a vedere chi ha suonato?” 

“Nooo, oggi no, non è ancora finito il “lockdown”, c’è il covid…da domani riparte tutto, ma oggi no. Abbiamo ancora qualche ora tutta per noi.”